20090711

colloquio con leoncio bueno





Rómulo Meléndez
Emanuele Strapazzon


Prefazione
Alcuni anni fa si scrisse in un giornale di Lima un articolo riguardante Leoncio Bueno, uno scrittore peruviano, residente a Tablada de Lurin, Lima. Da allora ho trattato di rintracciarlo. Ho visto, alcuni mesi dopo, che Ronald Forgues aveva scritto un libro su di lui: “Cantare della rondine”.
Ho speciale interesse per tutto quello che succede a Tablada de Lurin, perché lì ho vissuto gran parte della mia vita. Mi sono messo in contatto con un volontario italiano che lavora in una biblioteca di Tablada. Lui conosceva Leoncio Bueno e dopo un po’ di tempo mi sono osato a chiedergli se Leoncio era disposto a rilasciarmi un’intervista.
Emanuele Strapazzon si chiama il giovane italiano, volontario della biblioteca Michele Mosna.

Lui conobbe Leoncio Bueno per mezzo di un amico (Ronald Vega). In quel tempo lo stesso Emanuele stava iniziando a plasmare le sue idee in alcune pagine, con ribelli pensieri. Sarebbe il catalizzatore, più tardi, del blog “perunalira”.

Emanuele ricorda come s’incontrò con il signor Leoncio Bueno:
Vive in una casa grande; quando si aprì il gran portone apparse un signore di bassa statura, corpulento e molto incappottato. Era Leoncio Bueno. Aveva in dosso una sciarpa che gli tappava metà del viso. Ogni volta che apriva bocca per emettere la sua saggezza se l’abbassava con la mano destra, e al momento di silenziare, ritornava a tapparsi fino al naso, come per salvaguardare tutto quello che teneva dentro, con paura che qualcuno scoprisse la sua tana. La tana di un vecchio intellettuale, rivoluzionario.
Mi ha fatto sedere in un divano situato all’entrata dell’abitazione, sotto una tettoia, di fronte all’esteso e disordinato giardino. Mi disse: non esco mai da casa, perché sono vecchio e malato; ho l’asma e non posso parlare a lungo.
Esprimendosi lentamente e scandendo bene, sillaba dopo sillaba, si addentrò in un monologo di un’ora e mezza, fino a sfinirsi, passando da un argomento all’altro senza che io me ne accorgessi.
Mentre parlava mi inchiodava i suoi occhi cristallini, color celeste, penetranti; una luce viva in mezzo al rugoso e scuro viso, abbellito soltanto da dei fini ed impercettibili baffi.
Nonostante tutto ciò che disse, non parlò mai di sé, mai si tirò in causa. Parlò di tutto, meno delle cose che volevo sapere concretamente. Il gran maestro di vita dimostrò tutta la sua umiltà e intelligenza. Solo leggendo uno dei suoi libri riuscì a scoprire chi era stato realmente. Un “gran” uomo operaio, come lui si definisce. A Tablada de Lurin, nascosto tra il deserto, si incontra un tesoro vivente.

Biografia
Nacque il 02 gennaio del 1920, in una zona rurale, nella fattoria “La Constancia”, distretto di Chocope, ex provincia di Trujillo, Perù.
La sua formazione educativa è assolutamente autodidatta. Nella sua tenera infanzia lavorò nelle coltivazioni di canna, nella fattoria Facalà (Casa Grande) e ascoltò attentamente i maestri e i promotori associati inarco-sindacalisti che lì arrivavano a lavorare stagionalmente, procedenti da diverse circospezioni del nord.
In gennaio del 1939 arrivò a Lima. Lavorò prima come manovale muratore e dopo nella fabbrica tessile “El Progreso”. Lì intensificò le sue attività sindacali e culturali assieme ad alcuni dirigenti anarco-sindacalisti, alcuni convertiti poi in militanti del partito aprista e altri in militanti del partito comunista. Così presero forma i suoi pensieri di autodidatta, e la sua speciale vocazione per la letteratura e lotta operaia.
Nell’anno 1943 iniziò a pubblicare le sue composizioni poetiche e gli articoli giornalistici in diversi giornali, riviste, quaderni di poesia e critica letteraria. Le più degne da menzionare sono “Hora del Hombre”, fondata e diretta dai fratelli Cesar e Jorge Falcòn, “Democrazia e Lavoro”, settimanale del partito comunista; “Cara e Sello”, rivista culturale che fondarono e diressero principalmente i poeti Rafael Mendez Dorich e Emilio Adolfo Westphalen, surrealisti di simpatia trotzkystas. Il quindicinale “Revolucion”, del quale era fondatore e direttore assieme agli intellettuali e operai Francisco Abril de Vivero, Carlos Howes Beas, Felix Zevallos, e altri fondatori del partito operaio rivoluzionario, sezione peruviana della IV Internazionale.
Nel 1950 esce alla luce l’antologia de Guillermo Rouillon, biografo di Carlos Mariategui, “Presenzia y actitud de nustros poetas durante la guerra”; in lei inclusa integralmente la poesia “Sinfonia roja”.
Leoncio Bueno pubblica libri di poesie completi a partire di “Al piè del dunque”-1976-, e “La guerra de los runas”, -1980-.
Da allora solo edita artigianalmente le sue opere indite -in prosa e in versi- in forma molto limitata, come “mostre” per conoscenza di studiosi o amici interessati. Possiamo citarne alcune come “Poesia reunida” (420 pag.), “Hijo del golondrino” -memorie- (340 pag.), “Relatos del fronton”, (180 pag.), e altri libri di minore volume che arrivano in totale a quattordici, in attesa di editore.
Leoncio Bueno ottenne menzioni onorifiche nel premio nazionale della poesia Jose Santos Chocano, 1973, per il suo libro di poesie “Rebuzno proprio”; e, ugualmente nella “Casa delle Americhe”, (1975).

Intervista
A continuazione la intervista, o meglio un questionario di dodici domande, risposte con macchina da scrivere, con correzioni pertinenti fatte dal proprio intervistato.

In che momento iniziò a scrivere?
Tra i dodici e tredici anni, quando ero fattorino nel Trapiche “A”, nella fattoria Casa Grande.
Chi sono i suoi scrittori prediletti? È stato influenzato da qualcuno di loro?
Iniziai leggendo Plutarco, Homero e Cervantes. Libri che gli antartici vendevano a rate a mia nonna. Non influirono per niente. Iniziai a scrivere i miei pensieri in quaderni di scuola. Mi servirono poi, per essere un buon dirigente sindacale.
Esistono momenti speciali dove sente la necessità di plasmare parole su carta?
Le urgenze di scrivere, cose assomiglianti a poesie, mi assaltavano all’improvviso e continuano a farlo nei momenti e nei luoghi meno pensati e meno adeguati.
Si stima uno scrittore compromesso con il proletariato peruviano?
Mi sento un bracciante della parola, compromesso con l’umanità, specialmente quella più umiliata e oppressa.
Qual è il messaggio che vuole trasmettere attraverso la scrittura?
Il messaggio della verità. Dobbiamo toglierci la benda dagli occhi e non credere in miti, in falsanti, né in superstizioni.
Esiste una formula per scrivere poesie?
Non esiste nessuna formula, solo l’uno per cento d’inspirazione e il novantanove di sudore.
Si può vivere della scrittura in Peru?
Non mi faccia ridere. Sono molto pochi quelli che nel mondo vivono della scrittura.
Da quando vive a Tablada de Lurin?
Dal 1982.
Com’è l’ambiente dove vive?
È un ambiente chiuso, come una prigione dorata o un’oasi nascosta, per me solo, che me la godo e me la coltivo assieme alla mia sposa. Seicento metri quadrati.
Ha scritto qualcosa di specifico che abbia a che vedere con il luogo dove attualmente vive?
Alcuni articoli per i giornali, e alcuni testi che qualche amico compiacente chiama poesie. Un libro di poesie, inedito, s’intitola “Tambo del buen amor”.
Esiste qualcuno in famiglia con la stessa vocazione?
Certo: i miei figli. Uno residente in Svezia ed è giornalista e lettore instancabile, un’altro vive a Berlino, ed è poeta, linguista, professore di letteratura ispanica e giornalista di investigazione. Un’altro risiede in Peru, è narratore laureato alla San Marcos e ragioniere pubblico. Mia figlia risiede in Francia ed è professoressa di lingue e di letteratura, insegna alla Sorbona di Parigi: inglese, spagnolo e francese.
Come considera il governo attuale, specificamente il settore educazione?
Siamo all’ultimo posto in quanto a educazione in Peru. Allo stato non interessa adempiere con quello che la Costituzione comanda: il sei percento del P.I.L. La peggior educazione elementare, media e superiore è quella del Peru. Per non parlare di Scienza e Tecnologia. Mentre il Cile inverte in questo senso trenta milioni di dollari l’anno, in Peru s’inverte trecento mila dollari. Di niente servirà adempire con la Costituzione se ci troviamo con una denutrizione infantile del trentacinque percento. Gli scolari si dormono di fame nelle classi.
Si sa che gli alunni peruviani leggono poco a scuola… ha lei un’idea su come risolvere questo problema?
L’unica forma di risolvere questo grave problema, che può essere nefasto per le future generazioni, è distribuendo con più equità le entrate. Il Peru è il paese dove la disuguaglianza è una delle peggiori del mondo intero, va quasi alla pari con Haiti ed Etiopia.
Hayle Selasie, re d’Etiopia, scappò in Francia portando con sé venticinque milioni di dollari. L’ex presidente Fujimori e la sua banda, e l’attuale presidente Alan Garcia, non distaccano certo per la loro onestà. Quanto hanno sottratto al Peru? Sta lì il gran segreto che dovremmo svelare prima o poi noi peruviani veraci e di buona volontà.

Per terminare potrebbe associare le seguenti parole con quello che gli viene prima in mente?

Nord:
il mondo si divide in due, il nord dei paesi ricchi, il sud dei paesi poveri.
Peru:
paese del terzo mondo, di cultura millenaria, però circondato da vicini che gli hanno mozzato il territorio.
Poesia:
è ferita a morte per la globalizzazione e il capitalismo selvaggio che ci sta retrocedendo all’oscurantismo e al robotismo.
Futuro:
quello che ci riserva il riscaldamento globale, per colpa della stupidità umana, è comparabile solo con l’infinito dell’universo.
Limitazioni:
tutte quelle che possiede il genere umano, solo per il fatto di essere umano.
Politica:
una scienza e un’arte per amministrare le cose pubbliche, però sta in mano a falsanti astuti, cinici e ladroni.
Dio:
non esiste. È solo una metafora inventata da sacerdoti e poeti.
Tablada de Lurin:
antica colonia agricola ceduta per legge della Repubblica nel 1910 a un gruppo di entusiasti agricoltori. Oggi convertita in popolazione marginale, subalterna al nuovissimo distretto di Villa Maria del Triunfo, casella postale: 36.

Per finire tre poesie

FINIS VITAM
Al mio amico Cesar Calvo, inspirato poeta, con meraviglioso ingegno orale, brilla irresistibile come il suo pari Manuel Scorza,
in sua memoria.

Ogni giorno che passa e che oscura
sento che sto ritornando alla terra
terra dolce e bella
soprattutto nella nebbia
Quando piove
e un ghiaccio antartico bagna le mie ossa
sento che mi sento calvo, carbone pietra
terra incognita
polvere e humus fertile con cenere all'interno
In vita, quasi vita, più fango che pioggia
più solco che guglia
Stanno a punto di sorgere i funghi
le alghe e le lumache nel tronco muscoso
che è il mio corpo
vogliono crescere e circondarmi come un mantello
Le madreselve
Odoro a fieno
a fieno marcio d’umidità
da muffa e foglie secche ossidate
Tra poco
con umile tenerezza
sentirò che cresceranno
le orchidee in me

Leoncio Bueno (inedito)
2000

DEL IBAUDITO CANTO DE LOS HACATAY
(frammento)

Sono il nipote della pietra,
fratello di scorpioni e corvi;
figlio di rondini
del mare e oltremare;
un seminatore di frutta e donzelle,
matti
lunatici, di aree turbolente.
Piantatore di canna dolce,
estirpatore di tenere erbacee
che tolsi senza piangere
per salvare la canna pianta.
Io, leone cacciatore di millenni
poco ho a che vedere con Incas, Chavines o Chimues;
non m’inorgoglisco né mi vergogno di loro.
Niente devo ai capi, traditori genocidi, astuti
-fautori di hatunrunas, yanaconas e mitimaes-
tipo Atahualpa, Pachacutec,
signore di Chavin, di Cupisnique o di Sipan.
Più vicino sono di altri macro assassini
venuti da oltremare
che portarono le mafie, la scrittura;
che portarono nuove idolatrie sado-masochiste.
Né migliori né peggiori
che quella del vecchio Pachacamac.
Selvaggi europei, sensuali africani, asiatici viziosi,
che tessero la matassa delle mie vecchie radici ancestrali…
Cannibali musicali, cristiani antropofagi, asiatici settari
di quattro continenti,
forgiarono all’adesso, feroci “lugal”
Satana e Gesu,
di un Peru multirazziale, crocifisso
per seminare il mais fondatore
arando in mare, il cielo e le stelle.

Leoncio Bueno
(inedito)

MEMORIA DEL DIA A DIA

Me la posso cavare con quasi nulla,
cada o non cada, seno cade,
il benedetto centesimo
uguale continuo nella lotta,
senza inquinare l’aria a nessun prossimo.

Non mi propongo superare a nessuno;
con nessuno competere in ignoranza.
Sono ben diritto e dico:
per me, niente. Mi siedo
come un uomo verace, questo mi basta!.

Leoncio Bueno
(inedito)


AL FONDO HAY SITIO. CíRCULO D.M.